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07 nov
2023

Effetto domino. Come il mondo globale influenza le nostre tasche.

 

Siamo intrinsecamente legati. Tutti. E non è possibile tornare indietro. Siamo più vicini o più lontani? La globalizzazione è agli sgoccioli o si è presa solo una pausa di riflessione e quel che accade in paesi all’apparenza distanti continua a ripercuotersi a cascata su tutti gli altri, in un effetto domino? Come si spiega altrimenti che la chiusura dei porti in Ucraina faccia aumentare il prezzo della carta in Italia e provochi sommosse in Sri Lanka. Che l’aumento della siccità in Sicilia modifichi la viticoltura in America. Che le minacce della Cina verso Taiwan scateni l’emergenza microchip in Europa.

O che dalle nostre auto elettriche dipenda la sorte del Congo?  

INTERVISTA A MARIANGELA PIRA  (a cura di Marina Maghelli)

In antropologia si parla di “effetto farfalla” mentre nel libro hai scelto di parlare di “effetto domino”. Ci spieghi meglio?

Ho deciso di chiamarlo effetto “domino” e non effetto “farfalla”, perché effetto farfalla è quella questione antropologica che sostanzialmente permette di far sì che un battito d’ali a Hong Kong abbia degli effetti a New York. Questo effetto permea grandissima parte del mio libro, però l’idea che volevo rendere era diversa, vale a dire che qualsiasi cosa accada nel mondo, anche lontano da noi, ha degli effetti in modi che noi non possiamo spiegarci, a cui magari non pensiamo e che però impattano sulle cose quotidiane che fanno parte, appunto, della nostra vita di tutti i giorni.

Nel libro ho provato a raccontarlo e, secondo me, tutto ciò era ben spiegato dalla parola “effetto domino”, per render l’idea di un effetto in cui le caselle cadono una dopo l’altra. Il fatto che il grano sia fermo nel porto di Odessa, questo è effetto domino; il fatto che ci sia un qualcosa che accade in un paese lontano da noi, che poi ha effetti nel modo in cui noi spendiamo per pagare ciò che compriamo o nel modo in cui scegliamo cosa comprare e cosa no, questo è effetto domino.

Tra le pagine troviamo una sola immagine, una storia forte, che ci dimostra quanto il mondo sia interconnesso. C’è consapevolezza nella politica e nell’ economia a livello globale di quanto qualsiasi scelta possa influenzare, nel bene e nel male, le vite altrui e il mondo nel suo complesso?

Secondo me no. Non c’è questa consapevolezza e lo vediamo ad esempio quando ci sbarazziamo dei nostri vestiti, non pensiamo a dove andranno, che andranno a insozzare le coste dei Paesi dell’America Latina o in Ghana o in altri Paesi di cui poco ci importa o che poi verranno bruciati e i fumi si ripercuoteranno sui destini della popolazione, dei bambini che giocheranno lì vicino. E noi?

Come dire, l’importante è che sia pulita casa nostra. E’ quello che facciamo spesso e lo facciamo dandoci degli obiettivi senza pensare a che tipo di ripercussione genereranno fuori. Quindi se tu mi dovessi chiedere se i nostri politici hanno questo genere di visione, a momenti, non ce l’hanno per noi, figurati se ce l’hanno per le popolazioni che vivono lontane da noi e per le ripercussioni che ci possono essere nei loro confronti. No, io questo non lo credo.

Hai vissuto in Cina, sei stata responsabile del China Desk a Class Cnbc, come analizzi il rallentamento in atto di questa grande economia?

Lo analizzo, innanzitutto, con la politica di Xi Jinping. È una politica che non guarda più alla ricchezza del singolo individuo, ma punta alla ricchezza della collettività. A Xi Jinping non interessa che ci siano dei ricchi, interessa che tutti i cinesi stiano bene. Questo ovviamente porterà a una diminuzione dei capitali presenti in loco e porterà sicuramente a un rallentamento dell’economia, tanto che i vecchi del partito stanno dicendo a Xi Jinping: “occhio, perché questa tua sorta di repulisti sta provocando un impoverimento della Cina in generale!” Ci sono poi una serie di fattori che si aggiungono, ad esempio, il rallentamento del settore immobiliare che è stato finanziato non dalle banche ufficiali, ma dal sistema finanziario ombra, quindi, da istituti che agiscono da banche, ma che in realtà non hanno la regolamentazione delle stesse. Questo è un problema, perché sono stati prestati soldi al settore immobiliare dove non si vedono dei ritorni in quanto sono stati costruiti Mall in cui non va nessuno e case che non sono abitate. I finanziamenti, però, devono essere restituiti e come li restituisci? A cascata le banche vanno in tilt, compreso il sistema bancario ombra, così come anche chi opera nel settore; da qui i primi fallimenti, vedi China Evergrande. Avete sentito che è stato anche arrestato il suo fondatore, pare sia interrogato dai capi del Governo, insomma, non è una situazione facile. Quindi un rallentamento che ovviamente ha effetti su di noi, il cosiddetto effetto domino, vedi per esempio la Germania che è in recessione perché viveva a doppio filo con la Cina.

Nel libro tratti nove temi, al termine dei quali poni sempre una domanda. Perché? quanto è importante farsi delle domande?

È importantissimo farsi delle domande come sa chi ha letto il mio libro. Io sottolineo quello che sostiene il mio professore ad Oxford che dice sempre di mettersi in dubbio, questionarsi. E’ fondamentale non essere una persona che pensa di avere tutte le risposte, ma essere una persona che, anche se ha la giusta risposta, si chiede: ci potrebbe essere un’altra angolatura che non sto vedendo? Ma soprattutto, fammi aggiungere un’altra cosa, l’importanza del saper cambiare idea, non di essere convinti e quasi pietrosi nelle proprie convinzioni.

Se una persona ti dà una motivazione valida partendo da un dato, perché ha visto delle cose, cambiare idea, non essere vittima completa del pregiudizio. Io credo che questo sia importante per tutti, ma sia importante soprattutto per chi è giornalista, per fare un’informazione che sia seria.

Il libro termina con il capitolo “Che cosa hai capito scrivendo questo libro”. Quali le tre conclusioni, tra le varie a cui sei giunta, che più ti hanno colpita e che vuoi condividere con noi? Le altre le lasciamo alla lettura del libro.

Che siamo più connessi di quello che pensiamo, che non è in atto una de-globalizzazione, ma una trasformazione della globalizzazione. Ne sono convinta. Siamo più uniti di quello che pensiamo, altro che deglobalizzati. La seconda cosa è che ci sono delle persone lontane da noi che vivono molto peggio di noi e delle quali poco ci importa. Bisogna assumere un’etica quando si parla, appunto, di sviluppo economico. Un’etica che deve comprendere lo sviluppo economico di tutti, non solo di una parte fortunata di mondo. L’esempio ovviamente è l’Africa, così come accadeva per il virus dell’HIV, lo spiego bene in uno dei capitoli, lo stesso accade per i vaccini, sono sempre gli ultimi e questo non è corretto.

La terza considerazione è sicuramente il fatto che è l’economia che guida le cose, nello specifico è l’economia a guidare il mondo e non la politica, come spiega il professor Floridi nel libro. Dovrebbe essere la politica a dare un indirizzo per guidare l’economia, ma al contrario è l’economia che guida la politica. E questo è grave, è grave.

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